A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro
Il suo nome era Piazzale Vittoria, in seguito fu Piazza Porta Vittoria, ma per i milanesi e' rimasto Porta Tosa anche per un certo periodo dopo il cambio di denominazione. D'altra parte questo toponimo e' molto antico, per quanto l'apertura di una pusterla (cioe' una porta secondaria) in questo luogo sia avvenuta solo in epoca tarda, per esigenze di miglior difesa.
L'ipotesi piu' accreditata del nome di Porta Tosa (che deriva da "tonsa", cioe' depilata) viene fatta risalire ad un bassorilievo osceno che rappresentava una fanciulla (e che oggi e' conservato nel Castello Sforzesco).
La rinuncia al nome storico fu decretata dopo la liberazione dal dominio austriaco, per celebrare le vittoriose giornate del 18 - 22 marzo 1848. Ma perche' denominare proprio questo spiazzo col nome della Vittoria? Perche' proprio qui venne sconfitto il nemico. Infatti, dopo che il 18 marzo, sulla scia dell'insurrezione di Vienna, gli aristocratici idealisti Casati e Cernuschi avevano guidato i dimostranti fino al Palazzo del Governo, destituendo di fatto la direzione di polizia ed istituendo una guardia civica, il feldmaresciallo Radetzky occupo' il Duomo e, forte di 14000 uomini e 70 cannoni, cerco' di mantenere il controllo militare entro la cerchia dei Bastioni, ma fu ostacolato dalle barricate mobili ideate dall'ufficiale napoleonico Carnevali (che in seguito si sarebbe dedicato all'insegnamento della matematica), costituite da grossi cilindri di fascine di legna legate con corde.
Dopo cinque giorni di aspri combattimenti, durante i quali perirono oltre mille soldati austro-ungarici e quasi quattrocento popolani, i milanesi, dopo il fallimento dell'attacco a Porta Comasina, sotto la guida di Luciano Manara riuscirono a forzare l'assedio proprio conquistando Porta Tosa la quale, dopo essere stata perduta e ripresa, vide gli austriaci costretti ad abbandonare la citta'.
Nel 1859, dopo la vittoria di Magenta, si penso' di celebrare l'insurrezione del 1848 dedicando agli eroici caduti la colonna del Redentore posta al Verziere: sul basamento della colonna si incisero i loro nomi e per qualche anno si tennero commemorazioni ai piedi della colonna. Soltanto nel 1870 si bandi' un concorso: lo vinse l'architetto Luca Beltrami, futuro salvatore del Castello Sforzesco; al secondo posto si piazzo' l'architetto bresciano Antonio Tagliaferri, con un monumento a loggia, con quattro torrette angolari e un torrione merlato in cima; il progetto comunque fu rinviato.
Un secondo concorso fu vinto tre lustri dopo dallo scultore Giuseppe Grandi, gia' autore del monumento a Cesare Beccaria, che realizzo' il progetto tra il 1883 e il 1891. Ma all'inaugurazione si giunse solo il 18 marzo 1895, quando ormai l'autore era deceduto da circa un anno.
Il monumento, alto complessivamente circa 22 metri, si compone di un grande obelisco di bronzo, che poggia su una base contornata dalle figure di cinque donne (una per ogni giornata), protese verso il cielo, un leone che si desta e un'aquila; si racconta che il Grandi, per realizzare questa base del monumento, si sia servito di cinque meretrici come modelle ed abbia organizzato nel suo studio una specie di "zoo", ospitando tartarughe, conigli e pavoni, oltre ad un leone, di nome Borleo, del tutto incapace di aggredire.
Sull'obelisco bronzeo sono scolpiti tutti i nomi dei Caduti delle Cinque Giornate e nella cripta del basamento se ne conservano le ossa (deposte in precedenza nella cripta della chiesa dell'Ospedale Maggiore).
Soffermiamoci ora nella piazza e, dopo aver osservato il monumento, domandiamoci che cos'altro c'e' da notare in questa zona. I palazzi che circondano la piazza sono quasi tutti di epoca liberty, anche se non mancano palazzi moderni dal gusto discutibile; sicuramente sono degni di nota i due caselli daziari (uno dei quali e' attualmente in restauro) che risalgono all'epoca in cui per entrare in citta' occorreva pagare il dazio sulle merci trasportate; a Milano, sulla cerchia dei Bastioni, e' abbastanza frequente trovarli (Porta Ticinese, Porta Venezia ed altre porte ancora).
Facendo pochi passi in viale Montenero si giunge all'incrocio con via Anfossi; sull'angolo nordest e' sito un palazzo, restaurato di recente, dal cui frontone fanno capolino le teste, realizzate in cotto, degli eroi del Risorgimento, tra cui spiccano i volti di Garibaldi e Mazzini. E' questo un tipico esempio delle sorprese che Milano, ed in particolare la nostra zona, puo' riservare ad un attento osservatore.